«Non mi importa nulla di creare questi legami che improvvisamente vedo come fasulli, ora rispondo solo a me stessa»
«Lemie pupille sem bravan opiare, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo. Davanti a me c’era indubbiamente la donna più bella della terra. La maggior parte delle dive dello schermo non appaiono così belle quando le vedi in carne e ossa. Ma questa era infinitamente più bella che sullo schermo». George Antheil, musicista e compositore surrealista francese celebre per il brano Ballet Mécanique in cui suonavano sedici pianoforti sincronizzati mediante rotoli di carta perforata e studioso del controllo automatizzato delle pianole, si espresse in tal modo dopo l’incontro tutt’altro che fortuito con l’attrice. Hedy Lamarr, infatti, lo aveva messo da tempo nel mirino. Lei, fin dal 1938, anno in cui la comunità austriaca di Los Angeles si era mobilitata contro il nazismo, aveva iniziato a elaborare un’idea geniale, che avrebbe, a suo dire, permesso una rapida svolta nel conflitto, ma non sapeva come realizzarla.
Come molti altri attori, intellettuali e scrittori, anche Hedy sentiva il bisogno di contribuire alla causa bellica e, avendo alle spalle studi di ingegneria abbandonati per il cinema, le venne l’idea di mettere a punto un sistema per evitare che i siluri delle forze alleate fossero intercettati dal nemico. Le tornarono così alla mente le nozioni apprese durante le lezioni universitarie e l’amore per la scienza e per il progresso tecnologico occupò di nuovo