ORIZZONTI MOBILI





di pianeta coperti da masse d’acqua – saltate all’ultima pagina del magazine per saperne di più – ci sono parecchie isole-isolate, quintessenza di terre emerse lontane dai lembi di terraferma cui “appartengono”: la geografia lo sancisce e l’epos lo ribadisce. Di altre si avverte invece la presenza (e se ne intuisce spesso il profilo) dalla costa: se ne stanno lì davanti, prêt-à-débarquer (venti permettendo), senza aspettare chiunque ma pronte ad accogliere tutti. E poi ci sono questi quattrocento ettari di tufi a tre miglia nautiche da Pozzuoli. Con meningi, polpastrelli e occhi si torna e si ritorna a sfogliare lo scompiglio narrato da Elsa Morante alla fine degli anni Cinquanta, convincendosi che quella di Arturo sia un’isola del primo tipo. S’indaga oltre, si approfondisce e ci si appassiona, scoprendo una lunga e radicata tradizione marinara che salpa verso esotiche rotte di lungo cabotaggio, dal Tirreno agli oceani (e ritorno). Pare a quel punto di confermare la sensazione: Procida avrebbero potuto re-immaginarla pure Emilio Salgari, Jane
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