HOLMES, il Dottor Tortura

Per Herman lo scontro con lo scheletro si trasformò da incubo del quale dimenticarsi al più presto in piacevole incontro
IL TRAUMA
orse le cose andarono davvero così, come ce le descrisse Holmes. Quello scheletro che campeggiava nell’ufficio del dottore gli metteva una paura d’inferno, e quel che è peggio molti dei suoi compagni di scuola, anche quelli che più malignamente lo invidiavano per i suoi successi negli studi, lo sapevano bene. Un giorno, come accade nelle favole più crudeli, mentre Herman stava tornando a casa da scuola venne bloccato da un gruppo di suoi compagni che lo portò a forza nell’ufficio del medico, in quel momento vuoto, e lo costrinse ad abbracciare lo scheletro mettendogli le sue mani ossute sul volto: il bambino cominciò a urlare fino a quando degli adulti, attirati dalle grida disperate, non vennero in suo soccorso. Bizzarrie dell’animo umano: per Herman lo scontro con lo scheletro si trasformò da incubo del quale dimenticarsi al più presto in piacevole incontro: lui per primo era sorpreso da una simile reazione necrofila. Inutile nasconderselo, però: con un sospiro di sollievo scoprì che non c’era motivo di aver paura dell’essere umano ridotto ai suoi minimi termini, anzi con l’andar del tempo semmai si rese conto di aver bisogno di approfondire le sue conoscenze in fatto di anatomia e, in fin dei conti, di morte. Detto in altri termini, egli “superò” il suo trauma fin troppo bene, oltrepassando lo shock che aveva provato non per maturare simbolicamente, ma per diventare qualcuno che cercava letteralmente gli scheletri e la triste via che a essi conduceva… Questo, almeno, accadde se vogliamo credere al racconto di Herman Webster Muggett, meglio noto col bizzarro nome – quasi parodico – di Henry Howard Holmes. Cronologicamente lo troviamo all’inizio della storia dei moderni assassini seriali (1861-1896), contemporaneo di Jack lo Squartatore – contemporaneità sulla quale
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