Il paradiso sommerso delle navi

Giunta alla fine della sua vita attiva, una nave può solo essere smantellata o, come a volte accade, aprirsi a una seconda vita sul fondo del mare. Lo “scuttling”, attività in progressiva diffusione a livello internazionale, definisce proprio l’affondamento volontario di una nave per farne una barriera artificiale dedicata al recupero della vita sottomarina e al turismo subacqueo.
Ci sono domande a cui nessuno dei grandi scienziati della Terra saprebbe o potrebbe mai rispondere, e fra tutte la domanda delle domande: cosa ci sarà dopo l’ultimo respiro? Dobbiamo affidarci ad una delle tante ipotesi suggerite dalle grandi religioni? Inferno e paradiso, buddismo, induismo, giainismo, karma e metempsicosi, Rudolf Steiner e via dicendo. Torneremo polvere, o potremo vivere un’altra vita? Potremo reincarnarci magari in un futuro presidente degli Stati Uniti, se siamo stati buoni, o in uno scarafaggio del basso Tevere se invece siamo stati cattivi? Ai posteri, anzi a posteriori l’ardua sentenza, e chi potrà vedrà.
Nel frattempo, date le premesse, se anche le navi hanno un’anima (le barche di sicuro ce l’hanno), può essere per loro di qualche soddisfazione sapere che esiste la possibilità di una seconda vita, non più fra le onde della superficie, questa volta, ma nella calma ovattata del mondo sommerso dove
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