Un nuovo ‘purpose’ per le imprese
PER MILTON FRIEDMAN il concetto era semplice. “Esiste una e una sola responsabilità sociale per le imprese”, scriveva nel 1970 il premio Nobel per l’economia: ovvero “l’impegno in attività progettate per incrementare i propri profitti”. Le aziende devono rispettare la legge. Ma al di là di questo, il loro compito è quello di fare soldi per gli azionisti. E il punto di vista di Friedman ha prevalso, almeno negli Stati Uniti, per anni. Nel corso dei decenni successivi, la ‘shareholder primacy’ è diventata la regola di base del business.
Nel 1997, l’influente Business roundtable (Brt), un’associazione che raggruppa i dirigenti di quasi 200 aziende tra le più importanti in America, consacrava la filosofia in uno statement ufficiale. “Il sommo dovere del management e del consiglio di amministrazione è quello di fare l’interesse degli azionisti delle imprese”, aveva dichiarato il gruppo.
“Gli interessi di altri stakeholder sono rilevanti ma vengono dopo il dovere verso gli azionisti”. I tempi cambiano.
Il 19 agosto, la Brt ha annunciato un nuovo obiettivo comune per le aziende e ha gettato il vecchio nella pattumiera. Il nuovo statement è di 300 parole, e gli azionisti non sono menzionati fino alla 250esima parola. Prima di fare riferimento agli shareholders, il gruppo parla di “creare valore per i clienti”, “investire sui dipendenti”, promuovere “la diversità e l’inclusione”, “trattare in modo equo ed etico con i fornitori”, “sostenere le comunità in cui lavoriamo” e “proteggere l’ambiente”. Friedman si starà rivoltando nella tomba.
Il nuovo statement è il risultato di un riesame della durata di un anno, che ha avuto inizio con una cena a cui hanno partecipato un gruppo di giornalisti, oltre a una variegata platea di amministratori delegati, accademici, membri delle Ong e leader politici. “È stato un viaggio”,
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