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La malvagit della natura umana e linferno dellanarchia

Il titolo1 un po stravagante mette in evidenza un rapporto che la filosofia non ha mai smesso di frequentare, quello tra la natura e la cultura, e in pari tempo mostra laccostamento tradizionale di tale rapporto: nella natura, in particolare nella natura umana, sintravede qualcosa di sbagliato che deve essere corretto dal lavorio paziente della cultura, ossia di quel vasto armamentario teoretico e pratico in cui sono annoverate la politica, larte, la religione e la filosofia. Nella tradizione occidentale indubbiamente maggioritaria (A) la posizione che giudica natura e cultura come istanze contrapposte, minoritaria (B) la corrente alternativa secondo cui natura e cultura sono ambiti coincidenti. Occorre chiarire in linea generale le ragioni a sostegno della prima e della seconda opzione, riconoscere gli autori dietro tali opzioni e metterli in relazione. Alla fine la posizione maggioritaria (in cui natura e cultura ci contrappongono) e quella minori1 Per approfondire i temi affrontati si veda, ad esempio: Agostino, Le confessioni, Einaudi, Torino 2005; Agostino, La citt di Dio, Bompiani, Milano 2001; M.A. Bakunin, Stato e anarchia, Feltrinelli, Milano 2000; G. Bataille, Lerotismo, ES, Milano 2009; Id.,Teoria della religione, SE, Milano 2008; Esiodo, Teogonia, Mondadori, Milano 2004; M. Foucault, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 2005; S. Freud, Il disagio della civilt, Einaudi, Torino 2010; W. Golding, Il signore delle mosche, Mondadori, Milano 2001; Th. Hobbes, Leviatano, Laterza, Roma-Bari, 2008; Id., De cive, Editori Riuniti, Roma 2005; K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino 2004; F.W. Nietzsche, Umano, troppo umano, Newton & Compton, Roma 2010; Id., La volont di potenza, Bompiani, Milano 2001; M. Sahlins, Un grosso sbaglio. Lidea occidentale di natura umana, Eluthera, Milano 2010; Tucidide, La guerra del Peloponneso, Mondadori, Milano 2007.

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taria (in cui natura e cultura convergono) verranno ricondotte a un minimo comune multiplo, dalla cui implosione, forse, trarremo qualche insegnamento. 1. Repressione e sfruttamento (A) La corrente secondo cui natura e cultura si contrappongono in realt duplice. Ci sono due modi in cui natura e cultura si scontrano: lobiettivo della cultura pu essere o (A1) quello di reprimere la natura malvagia delluomo oppure (A2) quello di sfruttare al meglio la malvagit della natura umana in una direzione insperata. Il punto fermo per entrambi i modi rimane la qualit della natura umana: che si tratti di un germe mai estirpato di bestialit, di ferocia o di selvatichezza, oppure che si tratti di un peccato o di una colpa originali commessi in epoca primordiale o fuori dal tempo, in ogni caso un elemento corrompente impedisce alluomo di vivere dando libero corso alla propria natura. Infatti tale natura appare, per cos dire, come innaturale: se il resto dei viventi pu prosperare assecondando le caratteristiche naturali che pi gli sono proprie e obbedendo agli istinti che una natura pura gli ha scritto nel DNA, al contrario la natura umana non sembra permettere una pratica analoga. Accettando la contrapposizione di natura e cultura, indipendentemente dalla modalit dello scontro (la repressione o lo sfruttamento), si dice sovente che luomo lasciato a se stesso non combinerebbe nulla di buono, ma ricadrebbe assai facilmente nella barbarie, smarrirebbe lordine civile e affonderebbe nel caos fatale dellanarchia preistorica (riaffiorante talvolta, si dice in tono di rimprovero, nel Medioevo e nel Far West)2. Con questo presupposto, oggi pi che mai siamo atterriti di fronte alla possibilit che i controlli vengano meno o si allentino, che la sorveglianza da parte di chi presiede lordine civico abbia dei punti ciechi, giacch ogni occasione sembra buona per lerompere della bassezza della natura umana. Si possono citare alcuni esempi letterari, storici, filosofici e persino scientifici improntati a questa visione.

A riguardo, si veda anche nella filmografia il filone cosiddetto post-apocalittico, da Mad Max. Oltre la sfera del tuono a La strada, da The book of Eli [tradotto in italiano come Codice Genesi] a 28 giorni dopo, ecc.

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Ribadendo la medesima contrapposizione tra natura e cultura e il medesimo timore, nel romanzo Il signore delle mosche (1954) William Golding racconta come un gruppo di bambini inglesi naufragati su unisola deserta degeneri rapidamente nellorrore presociale e nelle logiche perverse della superstizione: i bambini, che rappresentano per antonomasia unumanit a digiuno di cultura e vicina alla natura, risultano nondimeno i pi suscettibili a regredire nellelemento barbarico e nella spietatezza, qualora non si ostacoli il marchio di Caino o lintrinseca malvagit dellessenza umana e qualora manchino la guardia e la punizione pedagogica degli adulti. Il romanzo si chiude con due ammonimenti: con quello da parte dellufficiale di marina che, dopo aver trovato i bambini superstiti, esterna loro la sua delusione nel costatare tra inglesi un simile degrado di maniere; e con quello da parte del narratore che si rivolge al lettore con queste parole:
In mezzo a loro, col capo sudicio, i capelli sulla fronte e il naso da pulire, Ralph [il protagonista] piangeva per la fine dellinnocenza, la durezza del cuore umano, e la caduta nel vuoto del vero amico, lamico saggio chiamato Piggy [il bimbo grassoccio ucciso dai barbari lattanti].

I due sistemi con cui la cultura contrasta la natura, ossia la repressione e lo sfruttamento, considerano unanimemente lessere umano come contrassegnato senza scampo dalla malvagia perversione e dallegoismo innato. Quando Tucidide ne La guerra del Peloponneso descrive la guerra civile (la stasis) di Corcira, in realt rappresenta la corruzione a cui sottoposta la civilt una volta che la natura umana sia lasciata a briglie sciolte e il potere costituito non vi ponga pi freno. Quando, prima di Tucidide, Esiodo racconta nella Teogonia in quale modo Zeus instaur lordine sullanarchia individualistica dei Titani, in realt ci sta parlando della natura titanica gli uomini. E anche Platone, quando riporta nel Fedro il mito della biga alata e nella Repubblica il discorso politico a grandi lettere, spiega che se nellanima delluomo il giogo della parte razionale (cio del-

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lauriga della biga o del governatore filosofo della citt) si allenta, allora la meschinit della parte concupiscibile prende il sopravvento e vanifica le conquiste sociali e culturali della civilt 3. Tradizionalmente il contrasto tra natura e cultura pu essere risolto in soli due modi: (A1) o la cultura vale come camicia di forza in grado di reprimere la natura malvagia delluomo, fondando su tale repressione lo Stato, (A2) oppure essa vale come arte di incanalamento di tutta lenergia distruttrice volta per in positivo, fondando cos la vita civile sullo sfruttamento razionale dellegoismo, anzich sulla sua repressione. (A1) Nel caso della repressione della natura da parte della cultura, lo Stato potr essere retto da una monarchia assoluta se un despota prevale sulla lotta disgregatrice dei poteri privati, o in alternativa potr essere retto da una repubblica se la costituzione prevede il bilanciamento dei poteri dei vari ceti sociali e dei vari individui contro le goismo privato. (A2) Nel caso invece dello sfruttamento della natura da parte della cultura, lo Stato sar istituito sulla base di un calcolo razionale egoistico che sancisce lutilit e il vantaggio delle gerarchie, delle divisioni sociali e dellapparato statale come baluardi contro linferno anarchico. 2. I Padri Fondatori, Hobbes e i salassi (A1) Pi di ventanni prima di scrivere il Leviatano (1651), nel 1628 Thomas Hobbes aveva gi tradotto in inglese lopera del suo maestro: La guerra del Peloponneso di Tucidide. Ed proprio parafrasando Tucidide che Hobbes formula la massima della sua filosofia politica: homo homini lupus (luomo un lupo per laltro uomo 4). Per Hobbes, infatti, luomo persegue in ogni modo il proprio interesse personale a scapito di tutti gli altri5. Nella guerra presociale del tutti contro tutti
3 Coerentemente con la sua fisiologia dellanima, Platone ritiene che il punto pi basso tra le modalit di organizzazione sociale sia la democrazia, la quale per somiglia a una forma radicalmente deteriore di anarchia in cui non esiste un potere in grado di frena re le pulsioni delluomo. Questa formulazione precisamente di Plauto. Lindole naturale degli uomini tale scrive che, se non vengono trattenuti dal timore di una potenza comune, diffidano luno dellaltro e si temono a vicenda ( De cive)

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(bellum omnium contra omnes), luomo segnato da un tarlo che non riguarda gli altri animali: poich egli dominato dallinfinit del desiderio e poich c una penuria cronica dei mezzi per soddisfarlo, luomo costretto a usare violenza contro laltro uomo al fine di massimizzare le proprie risorse. Spinto dalla paura, per, luomo inizia a ragionare e a capire che la via pi efficace per sopravvivere porre fine alla guerra di tutti contro tutti e di porre un limite al proprio desiderio, per quanto sia impossibile estirpare legoismo dal cuore delluomo. Lunico modo per superare linferno anarchico cedere il proprio diritto naturale, cio il diritto allimmediato perseguimento del proprio interesse, a favore di un terzo (unassemblea o, molto meglio, un monarca) che disarmando tutti possa difendere la societ neonata dalle spinte egoistiche. Dunque la cultura, che segue allo stato naturale, sorge dalla paura e funge da argine razionale contro listinto predatore e antisociale della natura umana. Circa mezzo millennio prima delle opere di Hobbes, nellItalia rinascimentale sorgevano le prime repubbliche egualitarie fondate sul convincimento delluguaglianza tra gli uomini e sulla loro capacit legislatrice: sia che la natura umana fosse concepita come intrinsecamente buona o adamitica, sia come intrinsecamente predisposta alle virt civiche, gli uomini rinascimentali repubblicani ritenevano superflua la sudditanza a un principe, poich il compito della legge pareva loro quello di garantire linteresse di tutti i cittadini. Era in voga lidea espressa nella Politica di Aristotele secondo cui gli uomini devono essere a turno governanti e governati, in modo che larmonia tra le parti sia conservata. (A2) Nella repubblica fiorentina Leonardo Bruni (1370-1444), umanista di grande fama e cancelliere della citt nel primo Quattrocento, si opponeva caparbiamente al cesarismo. Egli riteneva che una repubblica potesse durare a lungo soltanto se la contrapposizione degli interessi, che naturalmente si genera allinterno di una citt, venisse istituzionalizzata anzich combattuta. Niccol Machiavelli (1469-1527), vissuto un secolo dopo Leonardo Bruni, consolid lidea della stabilit di uno stato ottenuta dalla lotta tra gli interessi partigiani, e anzi fece di questa lotta una vera e propria virt.

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Grazie a questi pensatori diventa sempre pi chiaro il passaggio da una repubblica volta alla repressione della natura umana malvagia a una repubblica che sfrutta la malvagit di questa natura trasformandola in virt. Secondo Machiavelli i sudditi, tanto in repubblica quanto in monarchia, rimangono essenzialmente immorali, ma in ambiente repubblicano tale malignit pu produrre effetti positivi e assicurare linteresse comune. Quarantanni dopo Machiavelli, Bernardino Telesio (1509-1588), ispirandosi ad Anassimandro, trasform linteresse personale in principio naturale della dinamica delluniverso. Con tale estensione la coerenza del Tutto, ottenuta da una conflittualit auto-regolata degli interessi, raggiungeva una portata non solo politica ma addirittura cosmica. Dunque in questottica la rincorsa egoistica dellindividuo non era semplicemente il male da sedare e da chiudere in gabbia (da reprimere), ma lunica strategia di composizione armonica degli esseri (da sfruttare). Dopo lapplicazione della strategia di sfruttamento dellegoismo virtuoso ai campi delletica, della politica e della metafisica naturale, allappello manca solo un campo: quello economico. Con la sua teoria della mano invisibile, lo scozzese Adam Smith (1723-1790) rispose a questappello ponendosi nella scia aperta dai suoi predecessori rinascimentali. Secondo lui linteresse economico generale si sarebbe realizzato spontaneamente, se ognuno si fosse occupato dei propri interessi particolari. Il discorso fatto finora non campato in aria n esteriore rispetto alla vita sociale, civile e politica che noi tutti, volenti o nolenti, ogni giorno conduciamo. Se anche le argomentazioni e i presupposti portati qui al vaglio non significassero niente per noi, non possiamo comunque ignorare che la tanto celebrata democrazia statunitense, modello per ogni altra democrazia contemporanea e modello di vita ormai copiato in tutto il mondo da decenni, si fonda storicamente e filosoficamente proprio sulle argomentazioni e sui presupposti di cui andiamo discorrendo. John Adams (1735-1826), redattore della Dichiarazione di Indipendenza, vicepresidente al fianco di George Washington e secondo presidente degli Stati Uniti (1797-1801), era senza mezzi termini un ammiratore di Tucidide e di Hobbes. Non era lunico, visto che circa tutti i capi della rivoluzione americana e i padri fondatori erano impregnati
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della retorica classica latina e greca sulla natura umana. Basti pensare per esempio che Thomas Jefferson (1743-1826), terzo presidente degli Stati Uniti (1801-1808), immaginava che il tema della schiavit avrebbe scatenato nel paese una sorta di guerra del Peloponneso tra commercianti del Nord (gli Ateniesi) e agricoltori del Sud (gli Spartani). Dunque il fosco pessimismo degli antichi, la cupa visione della tradizione calvinista e il realismo feroce di Hobbes influenzarono profondamente la visione dei padri fondatori statunitensi, per i quali la guerra la condizione naturale dellumanit e lo spirito umano ben pi incline al male che al bene. Sintomatica di questo clima laffermazione del quarto presidente degli Stati Uniti (1809-1817), James Madison (1751-1836): se gli uomini fossero angeli, non ci sarebbe bisogno di alcun governo. Ma angeli non sono e pertanto il governo assolutamente necessario affinch le malvagit dei pi siano incanalate e fatte fruttare. Lo stesso Madison giudicava fondamentale per lazione di governo tutelare la propriet privata dalla furia democratica delle masse indisciplinate ed essenzialmente malvagie. Il popolo era s il depositario della sovranit, ma non doveva in nessun caso governare: il modello ammirato da Madison, da Adams e da Alexander Hamilton, primo segretario del tesoro statunitense e volto prestato alle banconote da 10 dollari, era quello di Polibio, storico greco del II secolo a.C.: unaristocrazia per natura deve tenere in scacco una Camera bassa eletta dal popolo. La soluzione a cui di fatto si giunse fu quella dellequilibrio dei poteri in modo che un potere, un interesse e una passione si opponessero a un altro potere, a un altro interesse e a unaltra passione. In questa scelta i padri fondatori erano incoraggiati dalle teorie cosmologiche dellepoca ispirate al modello razionale newtoniano, ove le forze celesti rimangono in stabile equilibrio tra loro: lideale era dunque quello di creare un ordine politico ispirato ai semplici principi della natura. Il modello della giustapposizione delle forze non era solo cosmico e politico, ma anche fisiologico: Benjamin Rush, firmatario della Dichiarazione di Indipendenza e medico, diffuse in ambito clinico la pratica dei salassi grazie ai quali sembrava possibile curare la cosiddette febbri con il ripristino dellequilibrio fisiologico del corpo.

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Nel XX secolo ormai lidea che legoismo sia iscritto nel DNA delluomo pare un assunto indiscutibile, al punto che alcuni sociobiologi rincorrono il cosiddetto gene dellegoismo. Ma a differenza dei secoli precedenti, legoismo non visto semplicemente come un istinto da reprimere o unoccasione da sfruttare, bens si presenta come la condizione della libert umana: quello che un tempo era il peggio di noi stessi, diviene infine il nostro lato migliore poich rappresenta la capacit da parte di ognuno di agire nel proprio interesse. Tutte le politiche liberiste e neoliberiste, ossia le politiche oggi dominanti, battono sempre su questo punto. 3. Biologismo e culturalismo (B) Nondimeno tanto le politiche quanto le idee vigenti non sono le uniche possibili. La storia della cultura occidentale ha prodotto anche unalternativa illustre, bench perdente, attorno al rapporto tra natura e cultura. Anzich antagoniste, esse possono pensarsi come sovrapponibili: la natura una struttura biologico-culturale in divenire e la cultura un fattore determinante la natura, in modo tale che esse si co-determinano. Se il primo corollario dellopposizione tra natura e cultura era lincommensurabilit tra mondo animale e mondo umano, tuttavia oggi assodato che in molte regioni del pianeta sono esistite ed esistono tuttora societ ove umani e non umani non sono incomparabili n rispondono a principi differenti. In queste societ uomini e animali (o piante o rocce ecc.) non stanno in nicchie ontologiche distinte, ma hanno i tratti caratteristici della persona. Gli enti che abitano il cosmo non vengono affatto oggettivati e enticizzati, ma comunicano da pari con gli esseri umani in senso stretto: tra la sfera umana e la natura sinstaura una vera e propria relazione sociale. Se anzi nel mondo occidentale il cosmo senzanima e impersonale, lunica persona non umana che insiste il Dio cristiano. Sappiamo molto bene, per, che il cristianesimo e prima di lui lebraismo si sono distinti dalle cosiddette religioni pagane per la condanna delladorazione della natura: il dio biblico diventa trascendente e da un punto di vista ontologico taglia i legami con il mondo materiale. Nelle Confessioni SantAgostino interroga le cose del mondo sullidentit di Dio, ma ciascuna risponde: non sono io. Secondo la stessa logica, ne La
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citt di Dio Agostino condanna le dottrine panteistiche argomentando che se Dio fosse in ogni cosa, a ogni passo pesteremmo un pezzo di Dio e a ogni pranzo uccideremmo un pezzo di Dio. La stessa considerazione, giudicata da Agostino empia, invece presso i Maori la prima delle verit: a ogni passo, luomo lascia la sua impronta sulla Madre Terra, a ogni abbattimento di alberi e a ogni caccia, luomo ferisce la Madre Terra. Luniverso maori, infatti, costituito di persone discendenti dai primi genitori divini, la Terra e il Cielo: ogni cosa vivente e non vivente possiede quindi una precisa genealogia che imparenta tra loro tutti i membri della famiglia cosmica. Quel che voglio dire questo: perlopi lOccidente ha pensato luomo come invischiato, in parte o completamente, nella natura animale, considerata malvagia ed egoista con le conseguenze che abbiamo visto; ma esistono concezioni per le quali, al contrario, sono gli animali insieme al resto dei viventi a possedere una natura umana. Il medesimo rispetto dimostrato per un uomo, anzi per un membro della propria famiglia, deve essere cos dimostrato per ogni vivente. Molte delle societ che adottano una visione del genere fanno a meno dei concetti di animalit e di bestialit. Se per costoro il lato feroce della natura non caratterizzante n per lessenza delluomo n per quella dellanimale, i quali hanno una natura comune, al contrario ne Il disagio della civilt il padre della psicanalisi Sigmund Freud riprende a chiare lettere ladagio homo homini lupus, riallacciandosi a Hobbes, ad Agostino e a Tucidide: come per Agostino i bambini sono innocenti non per volont ma per impotenza, cos per Freud nel bambino si annidano i primitivi istinti antisociali e aggressivi che, potremmo dire, se non vengono repressi da un super-io padre-padrone o in generale dalla cultura, innescano quel processo catastrofico che conduce allanarchia o alla situazione deprecabile dei monelli de Il signore delle mosche. In moltissime culture extra-europee, per, i bambini non sono affatto considerati come mostri da addomesticare. In breve, lo scontro sulla relazione tra cultura e natura sincentra su questo punto: (A) la corrente che giudica cultura e natura avversarie, e per cui il sottofondo naturale delluomo malvagio, assume la cultura come una struttura repressiva o sfruttatrice della natura umana; (B) la corrente che giudica cultura e natura contigue e congeneri, e per cui lo sfondo naturale delluomo e del cosmo la socia25

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lit, assume la cultura come un processo di crescita della natura umana. In un caso il bambino appare freudianamente come un mostro, nellaltro come una persona (un abitante del cosmo) non ancora completa. Possiamo riassumere questa alternativa utilizzando due termini: la prima corrente biologista, la seconda culturalista. Ci significa che per la prima, quella occidentale e vincente, nelluomo c una animalit da sopraffare, mentre per la seconda, quella diffusa in varie parti del mondo ma perdente nella cultura occidentale, nelluomo c una umanit in divenire. Finora ho detto che in Occidente il culturalismo stato minoritario: ma in che senso? Nel sottobosco della sapienza occidentale si pi volte aggirata una concezione che valuta la cultura come lo stato originale dellesistenza umana e la biologia come lo stato soltanto secondario. Questidea riemersa ultimamente in campo antropologico con la scoperta che la cultura umana molto pi antica dellhomo sapiens: poich la cultura risale a circa 3 milioni di anni fa e lattuale forma umana risale invece a circa 400 mila anni fa, la cultura deve aver influenzato lo sviluppo anatomico dellhomo sapiens. In altre parole: per quasi 3 milioni di anni gli uomini si sono evoluti biologicamente in base a una selezione culturale. Da questa prospettiva la cultura la natura umana, e si pu anche dire che lumanit leffetto culturale sulla nostra animalit6. Qui e l esistono degli antecedenti filosofici per il culturalismo: a esempio, lo stesso Platone affermava che il nomos (la legge e quindi la cultura) precede la physis (la natura) sia da un punto di vista ontologico che cronologico. Anche Pico della Mirandola (1463-1494) con il suo Discorso sulla dignit delluomo del 1486 riteneva che luomo fosse stato creato con una natura indefinita, cio in divenire e aperta allautoplasmazione culturale. La questione centrale per la nostra discussione non quindi stabilire se da un punto di vista biologico la natura umana sia buona o malvagia, come invece hanno tentato di fare nel corso della storia i vari critici della posizione di Hobbes & Co.; piuttosto il problema il biologismo in s, cio lidea che la natura biologica preceda e determini lessere delluomo.

Questa la tesi attorno a cui ruota lintero saggio di M. Sahlins, Un grosso sbaglio. Lidea occidentale di natura umana, Eluthera, Milano 2010, p. 123.

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Possiamo annoverare tra i culturalisti anche Marx e Bakunin. Con i dovuti distinguo, per entrambi lessenza delluomo risiede nei rapporti storico-sociali: questa la materia del materialismo storico. Le spiegazioni biologiste sono chiamate da Marx robinsonate, cio falsi scenari in cui saggirano falsi uomini naturali. Sia per Marx che per Bakunin luomo dotato di unessenza in divenire, che si autocrea attraverso lazione sociale: luomo deve acquistare la pienezza attraverso un processo culturale, sociale e politico che pretende una rivoluzione economica. Il sistema capitalistico la causa del pervertimento o dellalienazione della natura umana e deve essere abbattuto per far spazio allautenticit dellUomo. In merito alla natura umana, lunica differenza rilevante tra il comunismo di Marx e lanarchismo di Bakunin la collocazione della pienezza essenziale delluomo: per Marx essa si situa a monte del processo rivoluzionario e guida il proletariato alla riconquista di s, per Bakunin essa perlopi ignota e si pone a conclusione del processo rivoluzionario, quasi come una rivelazione che si render manifesta solo dopo lannientamento dello status quo espropriante. 4. Contro lumanismo Veniamo ora alla conclusione. (A) Il biologismo quella concezione intorno alla natura umana che investe la cultura del compito di sopraffare lanimalit congenita alluomo, secondo la duplice possibilit della repressione e dello sfruttamento della natura umana malvagia. (B) Il culturalismo invece laltra concezione che ritiene la natura delluomo indistinguibile dalla sua cultura e che quindi vede come compenetrantisi i due elementi tradizionalmente antagonisti, poich la cultura viene investita del compito di sviluppare lumanit nel suo divenire. Potremmo anche affermare che il (A) biologismo si preoccupa di ricercare il proprio delluomo, cio di scrostare al di sotto della patina animale, del marchio di Caino o dellintrinseco egoismo, una propriet superiore che faccia delluomo naturale, cio bestiale, un Uomo a tutti gli effetti, cio un uomo civile. Su questa falsa riga, (B) il culturalismo si preoccupa invece di ricercare la pienezza delluomo, di guidare luomo l dove non ancora giunto (secondo quanto

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prescritto da un progetto di Uomo ben preciso) e di renderlo cos un Uomo vero e proprio, un Uomo come si deve, reale o immaginario che sia. Ambedue i programmi, tuttavia, quello biologista e quello culturalista, ritengono luomo un essere insufficiente: sottolineano in lui una carenza specifica che lo allontana dallumanit propria o piena. come se dicessimo: luomo non propriamente un Uomo finch leducazione culturale non seda in lui la sua natura animale (questa la variante biologista), oppure luomo non pienamente un Uomo finch la cultura non lo plasma a immagine di una certa idealit di uomo (questa la variante culturalista). Per quanto io creda che lalternativa culturalista sia da preferire a quella biologista, comunque tanto luna quanto laltra, se rispondono alla logica dellappropriazione o del riempimento, rappresentano ancora due istanze perfettamente umanistiche e quindi metafisiche, per le quali esiste la ricetta incontrovertibile dellUomo. La pretesa dellumanismo di scavare e in pari tempo di colmare il buco metafisico nellessere delluomo, ma questa pretesa in quanto tale illusoria. In ambito filosofico lumanismo cos inteso ormai ampiamente superato: in particolare, Nietzsche ha smascherato linsensatezza e la violenza dellumanismo del proprio insinuando il dubbio sullesistenza dellUomo; e Bataille daltronde ha reso paradossale lapprofondimento della pienezza delluomo nella ricerca della esperienza interiore, facendo implodere la pienezza delluomo sovrano nel vuoto assoluto. Infine, se sicuramente inconsistente lidea di una natura umana biologicamente malvagia o buona, nondimeno lo anche lidea di una cultura volta al perfezionamento dellessere umano, poich nella storia e nella preistoria decretare lEssenza dellUomo ha sempre comportato due azioni violente non escludentisi: (A) la sottomissione dei non propriamente umani, o addirittura il loro sterminio; (B) lesclusione dei non pienamente umani dal cerchio civile, o addirittura la loro reclusione. Se in ci riconosciamo, oltre che qualcosa di infondato, anche qualcosa di spregevole, allora dovremo fare a meno dei due grandi paradigmi che, sancendo la malvagit della natura umana o la santit della cultura, condannano senza riserve linferno dellanarchia.

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