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1 aprile 2006
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non sotto la forma delle alleanze contrapposte. Ma riconoscere l’autonomia dei vari
contesti politici e attribuire loro la deliberazione di appartenenza a una nazione,
non richiede una guerra di indipendenza o una rivoluzione. Tale è la tesi di Ferrari
e di Cattaneo, sia pure derivata da Proudhon7.
C’è poi il tema della sovranità, che potrà essere popolare e tendente a una
democrazia diretta se lo stato è a misura d’uomo, ovvero se è possibile il massimo
grado di partecipazione alla vita politica, che può realizzarsi solo nel piccolo stato,
connesso ad altri stati in una federazione. Mazzini ritiene che a tutto questo si può
ovviare istituendo ovunque la repubblica, che, di per sé, è garanzia
dell’uguaglianza nella cittadinanza, attribuisce ad ogni cittadino il diritto di
contestare al potere la realizzazione di interessi particolari o di parte. Egli è altresì
convinto che, in una repubblica così concepita, può essere superata anche la
divisione dei poteri, perché, idealmente, potere legislativo e potere esecutivo
sarebbero nelle mani del popolo, attraverso la ratifica dell’operato della
Costituente; e anche per la ragione che i poteri, distinti e autonomi, finiscono per
essere in lotta tra loro a danno dell’armonia della vita sociale e politica. Una
repubblica-nazione in un contesto di nazioni repubblicane, questa è la prospettiva
mazziniana dell’Europa. L’unità nazionale è lo strumento base del dialogo tra i
popoli. Infatti, per Mazzini, le federazioni come la Svizzera sono politicamente
inerti, immerse nelle ostilità locali, senza unità di fede e di legislazione, senza unità
di educazione8. .
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Per gli stessi motivi non aderisce al Comitato neanche Herzen. Si ottiene invece
l’approvazione e l’adesione di Arnold Ruge in Germania.
La critica di Marx ed Engels al Manifesto mazziniano si appunta soprattutto
sulla mancata comprensione, da parte dei mazziniani, del materialismo storico e del
materialismo dialettico, oltre che alla mancata distinzione tra struttura e
sovrastruttura che, per il marxismo, è il principio motore della storia.
Mazzini e i mazziniani pensano, poi, di poter conciliare tutte le forze
democratiche nel Comitato, senza tener conto delle profonde divergenze tra i
democratici europei.
La democrazia teorizzata dai mazziniani, anche per Ferrari appare formale e
inconcludente perché non si propone di affrontare nei modi dovuti la questione
sociale. Le insurrezioni mazziniane, oltre che dare pretesto all’Austria di rafforzare
il suo dominio sull’Italia, tendono a rovesciare il sistema moderato, per affidare al
Comitato Centrale Europeo la guida delle nazioni16.
Paolo Rossi attribuisce a Mazzini il difetto di non conoscere i problemi sociali
e politici dei popoli europei, per il suo misticismo e per il carattere predicatorio del
suo apostolato17.
L’intento di Mazzini appare, tuttavia, mirato al consolidamento della
democrazia in Europa attraverso una grande opera di riconciliazione delle forze
politiche democratiche, per opporre un fronte di rivendicazioni nazionalistiche, di
senso politico e sociale, che non si riesce a praticare nei singoli ambiti nazionali. Si
tratta della fondazione della democrazia europea per superare l’immobilismo in cui
versano tutti i partiti democratici.
Il Comitato Centrale Democratico di Mazzini è il prototipo di una visione
europeista della politica, che poi verrà attuata da quasi tutti i partiti, in ambito
europeo. Infatti, accanto all’internazionale socialista, si istituirà l’internazionale dei
popolari e dei liberali, per trovare le radici ideologiche comuni e concepire una
prassi politica sopranazionale di stampo sociale. L’internazionale socialista si
sviluppa in Europa, ma non ha una visione autenticamente europeista, poiché tende
all’unione mondiale delle forze operaie e non ha un progetto di unione politica
dell’Europa. È nota l’attività di Mazzini relativamente alla costruzione
dell’Internazionale dei lavoratori del 1864, in cui fu fortemente osteggiato da Marx
e isolato dalla maggior parte dei componenti il Comitato18.
Il fallimento del Comitato Centrale Europeo viene ascritto all’incapacità di
Mazzini. Di fatto Mazzini non si rese conto del variegato profilo politico dell’Italia
e dell’Europa; il suo unitarismo non è praticabile per le contrapposizioni
ideologiche, per la divergenza degli interessi dei singoli stati, per l’impossibilità di
un apostolato sul popolo, emarginato nella miseria e nell’analfabetismo. Mazzini è
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fortemente criticato dai repubblicani per i suoi contatti con Carlo Alberto e, a sua
volta, egli rimprovera i socialisti perché tesi piuttosto alla soluzione dei problemi
sociali rispetto a quelli politici, considerando che i problemi sociali sono risolvibili
solo dalla politica. Mazzini è criticato anche per aver determinato l’isolamento
dell’Italia, per aver ricusato l’aiuto militare della Francia.
Molte accuse rivolte a Mazzini sono, però, infondate. Ad esempio, non si può
dire che egli sia mai venuto meno al suo ideale repubblicano; anche quando si
rivolge alla monarchia sabauda, lo fa sapendo che la monarchia costituzionale è
l’inevitabile via per la transizione alla repubblica. Quanto alla Francia, Mazzini
considera che l’indipendenza ha carattere patriottico-rivoluzionario e deve essere
realizzata dai patrioti e non dagli eserciti; nel contempo egli simpatizza con quei
francesi che hanno a cuore i diritti umani. Il federalismo è per Mazzini
«inintelligibile», perché viene assunto come mero localismo, pur essendo egli per
l’autonomia amministrativa dei comuni19.
Nel 1872, Mazzini ripropone il suo concetto di verità, che si fonda sulla
coscienza storica e sulla tradizione, sulla combinazione tra l’analisi dei fatti e la
loro interpretazione. Proprio l’interpretazione dei fatti storici induce all’azione, per
la consapevolezza che si acquisisce dello stadio dell’emancipazione raggiunto
rispetto a quello da raggiungere. La coscienza storica mette, poi, in luce il valore
dell’associazione; è storicamente dimostrato che, mediante l’associazione, gli
uomini e i popoli hanno potuto raggiungere traguardi non raggiungibili
individualmente20. È evidente qui il riflesso di alcune teorie di Leroux e di Saint-
Simon.
La storia, per Mazzini, è progresso nella libertà, vale a dire che tutto ciò che
non risponde ad un divenire nella libertà non è progresso, non è storia;
l’mmobilismo rappresenta un blocco del progresso e della storia; un rischio insito
nella storia umana, poiché non c’è una dialettica che imposta a priori il libero agire
degli uomini, né sussiste un fine assoluto della storia supposto idealmente a priori;
non ci sono categorie o teoremi della libertà, in quanto è essa stessa in continuo
farsi21.
Negli stessi termini il concetto di cittadinanza, potrebbe perdere il suo senso
morale, se viene inteso in termini domestici, cioè per dare senso alla propria vita
individuale e al gruppo di appartenenza; ma anche quando nella cittadinanza sono
implicite discriminazioni di ceto, di ricchezza e di potere; quando si suppone e si
tollera un diverso destino per gli associati; perché la virtù civica impone a tutti la
reciproca solidarietà e la sobrietà dei costumi22.
Analogamente la democrazia, per Mazzini, è fondata sul consenso tra eguali, in
cui nessun individuo, nessun gruppo prevarica gli altri; sulla base del principio di
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2. La costruzione dell’Europa
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sono condivisi; dalla condivisione dei fini deriva poi anche la compattezza
dell’azione26.. Questo vuol dire anche che deve essere chiara, a livello sociale e
politico, l’ispirazione morale che muove all’azione, che, a sua volta, richiede
strumenti adeguati di realizzazione. Il principio d’azione, in Mazzini, corrisponde
al marxiano rapporto teoria-prassi, in cui, però, sopravviene la provvidenzialità
dello spirito mistico che attribuisce all’opera dell’uomo una corrispondenza
all’opera di Dio.
Per questo, in Mazzini, l’uguaglianza e la libertà degli uomini sfociano
inevitabilmente nella fratellanza, cioè in un rapporto complementare e reciproco, di
mutuo riconoscimento etico-esitenziale. Questo spiega anche perché, per Mazzini,
qualsiasi altra formula è destinata a fallire, perché non è inclusiva della materialità
e insieme della spiritualità.
Il tentativo di Buonarroti di riunire tutte le Vendite della carboneria in un unico
organismo con un centro propulsore nell’Alta Vendita di Parigi, non si realizza per
il suo spirito elitario, per la sua tendenza alla segretezza degli intenti, per la sua
azione settaria; fallisce anche per il sopravvenire della Giovine Europa, che include
nel suo programma, tra l’altro, principi sociali e strumenti di autentica democrazia,
che la carboneria non aveva saputo esprimere.
La fratellanza tra Italia, Germania e Polonia comporta anche il superamento
della divisione delle razze: quella germanica, quella slava e quella greco-latina;
cioè l’implicito riconoscimento della comune origine dei popoli, della loro pari
dignità. Italia, Germania e Polonia sono anche espressione di una capacità di
iniziativa rivoluzionaria che né l’Inglitterra, chiusa nel suo egoismo mercantile, né
la Francia, che considerava esaurito il compito rivoluzionario, possono porsi come
missione, come portatrici del piano dell’umanità27. Ogni popolo, per Mazzini, è
espressione dell’avvenire dell’Europa e dell’Umanità, purché avverta in sé il
richiamo della fratellanza prossima e della fratellanza remota28. Il principio di
fratellanza è desunto dal Vangelo, per cui Mazzini gli attribuisce un senso etico-
religioso; ma, dal punto di vista sociale e politico, il principio si esprime
nell’associazione che è immanente all’uomo, che, come dice Aristotele, è istinto
umano, come tendono a far credere anche le teorie contrattualistiche non viziate
dall’utilitarismo. Per questo, è attraverso l’associazione che si può realizzare la
fratellanza; le alleanze e le associazioni sono il progetto dell’umanità in quanto
storia, in quanto unico possibile essere e divenire dell’uomo e dell’umanità.
Anche la democrazia, per Mazzini, è nel divenire dell’Umanità, ma non può
essere scissa dallo spirito di associazione e dall’aspirazione alla fratellanza, in
quanto democrazia è rapporto armonico tra individuo e collettività. Quanto più
ampio è questo rapporto tanto più è concreta la democrazia.
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libertà è pienezza della mente, è quel particolare tipo di conoscenza che si traduce
inevitabilmente in azione31.
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Per trovare vincoli comuni tra società diverse, Mazzini riconduce le società
stesse a popoli, cioè alla versione più autenticamente politica dell’aggregato
sociale, per il fatto che ogni società-popolo ha un impianto giuridico ed economico
condiviso da tutti i suoi membri, che è l’esponente concreto da mettere in relazione
con altre società, con altri popoli.
Sul piano culturale ed etico, sussiste già una implicita reciprocità
nell’universale riconoscimento dei diritti fondamentali e nei rapporti interculturali.
Eventuali difficoltà nascono in campo economico e nel diritto internazionale, in cui
prevale l’interesse particolare delle singole nazioni. Così come problematica è la
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affratella non solo i cittadini di uno stato, ma i cittadini di tutti gli stati europei e
che non sopporta corruttele, false dottrine e complicazioni delle diplomazie41.
Nell’associazione tra popoli, al di là dei patti politici e degli impegni economici,
interviene, nella teoria mazziniana, il principio mutualistico di Proudhon, in quanto
si esclude qualsiasi forma di gerarchia tra le nazioni, qualsiasi tendenza alla
verticalizzazione dei poteri; così come sono aboliti tutti i simboli e i modelli che
possono contraddistinguere i popoli per renderli antagonisti; l’unione pratica uno
spirito di fraternità e di lealtà. In quanto aggregazione di uomini, l’associazione è
portatrice della rivoluzione permanente, come dice Proudhon e poi Marx, e vince
ogni sistema dottrinario.
Tutto questo comporta inoltre la rinuncia all’amor proprio, ai particolarismi e
ai campanilismi42. Si tratta, per Proudhon come per Adam Fergusson, di un
processo virtuoso, in cui persino la proprietà è espressione di operosità; che quindi
segna l’evoluzione storica della società in termini di benessere generalizzato, e in
cui la differenziazione sociale, prodotta dalla divisione del lavoro, ricompone la
società nelle abilità, nelle competenze, nei saperi43. L’alleanza tra società diverse è
allora possibile se tutte hanno raggiunto la dignità di associazione mutuale, la
consapevolezza di una possibile generale riconciliazione, dice Rawls, in una
Europa segnata da storie di guerra, da genocidi, da fenomeni malavitosi44.
In questo quadro, per superare contraddizioni e antinomie, occorre un processo
di generale riconciliazione
Nel processo di riconciliazione delle nazioni, Mazzini scorge anche la
possibilità di dirimere tutte le controversie tra le ideologie contrapposte e, contro le
critiche di Marx ed Engels, che lo accusano di idealismo, in quanto ignaro del
sistema dei rapporti di produzione che in Europa portano al conflitto delle classi,
propone al Comitato centrale europeo la ricomposizione dell’Europa sulla base del
riconoscimento dei diritti fondamentali e inalienabili45.
D’altro canto, dice Mazzini, l’età moderna è segnata, dall’emergere di
insurrezioni e rivoluzioni che, se pure hanno comportato errori e insuccessi, hanno
fatto emergere, di fatto, il valore politico e sociale della volontà popolare, da cui
sono nate le democrazie moderne, e hanno determinato un sistema di democrazie
che si rapportano tra loro; e hanno anche, gradatamente, disperso le fazioni, le
partitocrazie, restando sempre fermo il principio di popolo.
In tutta Europa, la coscienza democratica porta milioni di operai a chiedere
«lavoro e pane» per tutti, e a far risaltare le contraddizioni dei governi «spolpati
dallo spionaggio», dalla corruzione, dagli eserciti permanenti46. Mazzini vede
l’unione europea come aggregazioni di popoli-nazione, di repubbliche
democratiche, che hanno un elevato senso della libertà e della nazionalità. Secondo
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dispone51. La tematica della patria e della nazione, se viene rapportata allo sviluppo
del mercato globale, si dissolve ulteriormente per l’interdipendenza economica che
viene a stabilirsi tra stati, per cui le stesse istituzioni, ma soprattutto il potere
legislativo, sono fortemente condizionate dalla prassi economica mondiale, tanto
che la politica estera degli stati stenta a correlarsi agli eventi sopranazionali; i
poteri esecutivi sono indotti ad adeguarsi alle decisioni intraprese dagli stati della
stessa area geopolitica.
Si richiede un’accelerazione della prassi politica, con la conseguenza
dell’indebolimento della salvaguardia costituzionale, che tradizionalmente
salvaguarda la politica interna. Inavvertitamente si determina anche un deficit di
democrazia, poiché le decisioni in campo internazionale risultano spesso
immotivate al popolo della nazione52.
Note
1
Manifesto della Giovine Italia, in Scritti politici a cura di T. Grandi e A. Comba,
Torino 1972, pp. 173-179.
2
Atto di fratellanza della «Giovine Europa», in Scritti politici, cit., p. 373.
3
Cfr. SAINT-SIMON, L’esquisse d’une nouvelle encyclopédie, Paris 1810; G. MAZZINI,
Fede e avvenire, Imola, ed. naz., 1906-1943, VI.
4
Cfr P. LEROUX, De la philosophie et du Christianisme. Réponse à quelques critiques,
«Revue Encyclopédique», agosto 1832 ; G. MAZZINI, Lettera a F. Prandi, 13/9/1834, ed.
naz., cit., I, p. 149.
5
Storia del cristianesimo, III, Milano 1942-43, pp. 490-495.
6
Scritti politici, cit., pp. 164-165.
7
Per queste argomentazioni cfr. il mio Alle origini del federalismo. Giuseppe Ferrari,
Bari 1996 e Città, federazione, cosmopoli in C. Cattaneo, Genova 2002.
8
Istruzione generale per gli affratellati nella Giovine Italia, in Scritti politici, cit., pp.
170-172; vedi anche Contro il federalismo, in AA.VV., Il pensiero e l’opera politica di G.
Mazzini, a cura di G. Santonastaso e M. Ralli, Messina-Firenze 1975, pp. 127-130; cfr. W.
MATURI, Partiti politici e correnti di pensiero nel Risorgimento, in AA.VV., Nuove
questioni della storia del Risorgimento e dell’unità d’Italia, I, Milano 1976, pp. 39-130; S.
MASTELLONE, Il progetto politico di Mazzini (Italia-Europa), Firenze 1994, pp. 41-46.
9
Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Bari 1967, pp. 69-70.
10
Per un approfondimento del discorso si veda A. COLOMBO, L’Utopia. Rifondazione
di un’idea e di una storia, Bari 1997.
11
L’iniziativa, in Scritti politici, cit., p. 1016.
12
Alleanza repubblicana, in Scritti politici, cit., pp. 986-1000.
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13
Lo spirito della democrazia e la molteplicità dei sistemi, in AA.VV., Il pensiero e
l’opera ecc., cit., pp.139-142.
14
G. MAZZINI, ed. naz., cit., XLIV, pp. 156-163.
15
Lettera a A. Barbès, in J.-F. JEANJEAN, Louis Blanc et Ledru-Rollin. Lettres inédites,
in La Révolution de 1848, Paris 1910, pp. 109-114.
16
Cfr. F. DELLA PERUTA, I democratici e la rivoluzione italiana. Dibattiti ideali e
contrasti politici all’indomani del 1848, Milano 1958, pp. 19-29.
17
Prefaz. a C. CATTANEO, L’insurrezione di Milano nel 1848, Milano 1951, pp. 6-7.
18
Cfr N. ROSSELLI, Mazzini e Bakunin, Torino 1967.
19
Agli Italiani. Marzo 1853, ed. naz., cit., LI, pp. 17-84.
20
Condizioni e avvenire dell’Europa, ed. naz. cit., XLVI, pp. 255-256; Cfr M.
ALBERTINI, Idea nazionale e ideali di unità supernazionali in Italia dal 1815 al 1918, in
AA.VV., Nuove questioni del Risorgimento ecc., cit., II, pp. 671-728.
21
C. CARBONARA, Platonismo e cristianesimo nella concezione mazziniana della
storia, Napoli 1959, pp. 59-61.
22
L. SIEDENTOP, La democrazia in Europa, Torino 2001, pp. 66-68.
23
Organizzazione della democrazia, in Scritti politici, cit., pp. 667-671.
24
Atto di fratellanza della «Giovine Europa», in G. SANTONASTASO, M. RALLI, Op.
cit., pp. 97-99.
25
Quanto ai presupposti filosofici, può essere condivisibile la prospettiva che ne dà
Cleto Carbonara nell’Op. cit., pp. 20-26; superando tutte le ipotesi fatte fino a Croce e
Gentile, sulla filosofia di Mazzini, Carbonara ritiene che l’impostazione sia platoniana-
vichiana, poiché anche Mazzini discopre una interiorità provvidenziale nell’uomo, che è
immanente e trascendente nello stesso tempo, è l’avvicendarsi del logos e dell’eros che
impone all’uomo di ascendere di virtù in virtù, di valore in valore, per cui l’interiorità, il
pensiero, l’idea si trasforma in azione.
26
Istruzione generale per gli affratellati ecc., cit., pp. 164-165.
27
Cfr. L. SALVATORELLI, Prima e dopo il ’48, Torino 1948, pp. 137-141.
28
Lettera a G. Figlioli, 21 luglio 1831, ed. naz, V, pp. 33-34; Cfr. F. DELLA PERUTA,
La creazione della «Giovine Italia», in G. SANTONASTASO, M. RALLI, Op. cit., pp. 108-
110; S. MASTELLONE, Mazzini e la Giovine Italia (1831-1834), I, Pisa, 1960,
Appendice, pp. 286-293.
29
Organizzazione della democrazia, in Scritti politici, cit., pp. 667-671; La Santa
alleanza dei popoli, Ivi, pp. 652-657; cfr. L. SIEDENTOP, Op. cit., pp. 69-70.
30
Tutta questa argomentazione è stata messa in luce nel Convegno internazionale
L’Europa di Montesquieu, tenuto a Genova dal 26 al 29 maggio del 1993; per un’idea
generale degli argomenti dibattuti si veda M. PASINI, L’Europa di Montesquieu. Cronaca di
un Convegno, «Rivista di Storia della filosofia», 49, 1994, n. 1, pp. 11-119.
31
I collaboratori della Giovine Italia ai loro concittadini, 1832.
32
C. CARBONARA, Op.cit., pp. 61-62.
33
Liberté et sacrifice, tr. fr. di E. Abraams, Grenoble 1990, pp. 211-212.
34
Europa senza pace, in Scritti politici, Bari 1959, pp. 16-23.
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35
Il progetto europeo, Bologna 1985, pp. 151-191.
36
L’Europa incerta tra rinascita e decadenza, «Repubblica», 31 maggio 2003, pp. 1 e
38-39.
37
Geofilosofia dell’Europa, Milano 1994, pp. 157-159.
38
Ivi, p. 26.
39
Cfr. Sul manifesto del Comune parigino, ed. naz,, cit., VI.
40
Istruzioni generali per gli affratellati ecc., in Scritti politici, cit., pp. 164-165.
41
Programma dell’Associazione Nazionale Italiana, in Scritti politici, cit., pp. 567-
570.
42
P.-J. PROUDHON, Lettera a Giuseppe Giglioli, 21/7/1831 e Lettera a Benelli,
1/8/1831, ed. naz., V, rispettivamente pp. 33-34 e 59.
43
Saggio sulla storia della società civile, Firenze 1973, II, cap. 2.
44
Il diritto dei popoli, tr. it.,Torino 20012, pp. 165-171.
45
G. CANDELORO, Storia dell’Italia moderna, III, Milano 1979, pp. 58-61.
46
Fede e avvenire, in G. SANTONASTASO, M. ROLLI, Op. cit., pp. 105-107.
47
La santa alleanza dei popoli, cit., pp. 660-663.
48
F. CHABOD, L’idea di nazione, Bari 1974, pp. 122-1239.
49
Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt a.M. 1959, p. 1628.
50
L’iniziativa, in Scritti politici, cit., pp.1001-1004.
51
Per tutti questi aspetti si veda C. CARBONARA, Op. cit., pp. 70-73.
52
Cfr. L. SIEDENTOP, Op. cit., pp. 142-143.
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