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MICIIEL FOUCAULT

QUESTO NON ì-: UNA PIPA


TRADUZIONE DI ROBERTO ROSSI

. .
1

IXCO DUE I’II’E

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Prima versione. Quella, credo, del 1926:
una pipa disegnata minuziosamente; e,
sotto (scritta a mano con una calligrafia re-
golare, diligente, artificiosa, con una calli-
grafia da amanuense, quale si può trovare,
a titolo di esempio, sul frontespizio dei
quaderni di scuola, o su una lavagna dopo
una lezione di cose), la dicitura: « Questo
non è una pipa ».
L’altra versione - che penso sia l’ultima
- la troviamo in Alba agli’ antipodi. Stessa
pipa, stesso enunciato, stessa calligrafia.
Ma anziché giustapposti in uno spazio in-
differente, senza limite e imprecisato, il te-
sto e la figura si trovano all’interno di una
cornice; questa è appoggiata su un caval-
letto, che poggia a sua volta sui listelli ben
visibili di un impiantito. Al di sopra di tut-
to c’è una pipa perfettamente simile a
quella disegnata nel quadro, ma molto più
grande.

La prima versione sconcerta soltanto


per la sua semplicità. La seconda moltipli-
ca manifestamente le incertezze volontarie.
La cornice, dritta contro il cavalletto e ap-

!
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16 QUESTO NON È UNA PIPA ECCO DUE PIPE I7

poggiata ai cavicchi di legno, indica che si gno che rappresenta non una pipa, ma un
tratta del quadro di un pittore: opera ter- altro disegno che, questo sì, rappresenta
minata, esposta, che reca, per un eventuale una pipa? Sicché sono obbligato a chie-
osservatore, la dicitura che la commenta e dermi: a che cosa si riferisce la frase scritta
la spiega. Eppure, la scritta ingenua che sul quadro? Al disegno sotto il quale essa
non è precisamente il titolo dell’opera né si trova immediatamente? « Guardate i
uno dei suoi elementi pittorici, l’assenza di tratti riuniti sulla lavagna; hanno un bel
ogni altro dettaglio che possa segnalare la somigliare, senza il minimo scarto, la mini-
presenza del pittore, la rustichezza dell’in- ma infedeltà, a ciò che viene mostrato las-
sieme, i grossi listelli dell’impiantito - tut- sù; non dovete ingannarvi: è lassù che c’è
to questo fa pensare alla lavagna di un’au- 1’
a ptpa, non m * questa grafia elementare ».
la: forse un colpo di spugna cancellerà Ma forse la f rase si riferisce per l’appunto
presto il disegno e il testo; oppure cancel- a quella pipa smisurata, fluttuante, ideale -
lerà soltanto l’uno 0 l’altro per correggere semplice sogno o idea di una pipa. Allora
l’« errore » (disegnare qualcosa che non bisognerà leggere: « Non cercate assoluta-
sarà veramente una pipa, 0 scrivere una mente, lassù, un vera pipa; là ce n’è il so-
frase che affermi che si tratta proprio di gno; mentre il disegno che si trova nel
una pipa). Equivoco prowisorio (un quadro, ben fermo e rigorosamente trac-
« malscritto », così come si dice un malin- ciato, quello è il disegno che bisogna con-
teso) che un gesto dissolverà in una polve- ‘siderare una verità manifesta ».
re bianca?
Ma mi colpisce anche questo: la pipa
Ma questa è ancora la minore delle in- rappresentata nel quadro - lavagna o tela
certezze. Eccone altre: ci sono due pipe. dipinta di nero, poco importa -, la pipa
Non bisognerebbe dire, piuttosto: due di- « in basso », è solidamente ancorata a uno
segni della medesima pipa? 0 anche, una spazio dai riferimenti visibili: larghezza (il
pipa e il suo disegno; o ancora, due dise- testo scritto, il bordo superiore e inferiore
gni rappresentanti ciascuno una pipa; op- della cornice), altezza (i bordi laterali della
pure, due disegni di cui l’uno rappresenta cornice, le gambe del cavalletto), profon-
una pipa e l’altro no; oppure, due disegni dità (i listelli dell’impiantito). Una prigio-
che non sono e non rappresentano né I’u- ne stabile. La pipa in alto, invece, è senza
no né l’altro delle pipe; oppure, un dise- coordinate. L’enormità delle sue propor-
18 QUESTO NON È UNA PIPA ECCO DUE PIPE *9

Soni ne rende incerta la collocazione (ef- trova il disegno, quei piedi poggianti su un
fetto opposto a quello che troviamo nella impiantito reso visibile e sicuro dalla sua
Tomba dei loftatori, dove il gigantesco è rozzezza, sono in realtà smussati: la loro
chiuso in uno spazio ben preciso): forse superficie di contatto si riduce a tre punte
quella pipa smisurata si trova davanti al sottili che m-ivano l’insieme, peraltro un
quadro disegnato, lo respinge dietro di sé? po’ massiccio, di qualunque stabilità. Ca-
Oppure è sospesa proprio sopra il caval- duta imminente? Crollo del cavalletto, del-
letto come un’emanazione, come una nube la cornice, della tela o del pannello, del di-
che si sia staccata dal quadro - come fumo segno, del testo? Legno spezzato, figure in
di pipa che abbia assunto a sua volta la frantumi, lettere separate le une dalle altre
forma e la rotondità di una pipa, e che fino al punto che le parole, forse, non po-
dunque si contrapponga e somigli alla pi- tranno piii r i c o s t i t u i r s i - tutto questo
pa (seguendo lo stesso gioco di analogia e guazzabuglio per terra, mentre lassù la
di contrasto, che troviamo nella serie dcllc grcjssa pipa, senza misura né riferimento,
Dattnglie delle Argonne, tra il vaporoso c il persistera nella sua immobilità inaccessibi-
solido)? Oppure, non si potrebbe suppor- le di pallone aerostatico?
re, al limite, che essa si trovi dietro il qua-
dro e il cavalletto, ancora più gigantesca di
quanto sembri: come se ne fosse la profon-
dità strappata via, la dimensione interna
che perfora la tela (o il pannello), e che
lentamente, laggiù, in uno spazio ormai
senza riferimenti, si dilata all’infinito?

Tuttavia non sono certo neppure di


questa incertezza. 0 meglio, ciò che mi
sembra assai dubbio è la semplice opposi-
zione tra il fluttuare incollocabile della pi-
pa in alto e la stabilità di quella in basso.
Guardando da più vicino si vede facilmen-
te che i piedi del cavalletto che regge la
cornice in cui è chiusa la tela, e in cui si
Il disegno di Magritte (per adesso parlo
soltanto della prima versione) è semplice
come una pagina presa da un manuale di
botanica: una figura e il testo che le dà no-
me. Nulla di più facilmente riconoscibile
che una pipa disegnata così; nulla di più
facile da pronunciare - il nostro linguaggio
lo sa bene per noi - che il « nome di una
pipa ». Ciò che rende strana questa figura
non è la « contraddizione » tra l’immagine
e il testo. Per una buona ragione: potrebbe
esserci contraddizione soltanto tra due
enunciati, o all’interno di uno stesso e uni-
co enunciato. Ora, io vedo che qui ce n’è
soltanto uno, e che non può essere con-
traddittorio perché il soggetto della propo-
sizione è un semplice pronome dimostrati-
vo. Falso, allora, perché il suo « referen-
te » - una pipa, molto chiaramente - non
lo verifica? Ma chi potrà dirmi seriamente
che quell’insieme di tratti intrecciati, sopra
il testo, è una pipa ? Bisogna forse dire:
Mio Dio, come è sciocco e semplice tutto
ciò; l’enunciato è perfettamente vero, per-
ché è proprio evidente che il disegno che
rappresenta una pipa non è a sua volta una
24 QUESTO N O N È UNA PIPA

pipa? E tuttavia c’è un’abitudine, di lin-


guaggio: che cos’è quel disegno? E un vi-
tello, un quadrato, un fiore. Vecchia abitu-
dine non priva di fondamento: perché tut-
ta la funzione di un disegno schematico e
scolastico come questo consiste proprio
nel farsi riconoscere, nel mostrare senm
equivoco né esitazione ciò che rapprcsen-
ta. IHa un bell’essere il deposito, su un ti)-
glio di carta o su una lavagna, di un po’ di
grafite o di una sottile polvere di gesso:
non « r i m a n d a », Ionie una I’reccia 0 un
inclice puntato , :I yiicll~i tal pilxl che si tro-
va pii1 lontano 0 altrove; C un;l pip.

Ci6 che sconcerta è la nccessitR inevita-


bile di riferire il testo al disegno (come ci
invitano a fare il pronome dimostrativo. il
senso della parola pifw, la verosimiglianza
dcll’itnmagine)
il pianp che Der
-f
s.e&e è VPU. falsa. mddittoria.

N o n pww t o g l i e r m i d;~lla tcstn I’ich


c-lie 1;1 cti;wolcri;l s i trovi i t i rltl’ol’~t-;l”iotl~
rcw invisibile ~i;\li;\ scrnplicitC~ tlcl t.is~ilt;ilo,
ma che sola priì) spiqgrc I’imlwrnzzc~ iti-
definibile che esso ~~rovocn. Questa r)pcr;i-
zione è un calligramma costruito segreta-
mente da Magritte, poi disfatto con cura.
Tutti gli elementi della figura, la loro posi-
zione reciproca e il loro rapporto derivano
26 Q U E S T O N O N J? UNA PIPA IL CALLJGRAMMA D I S F A T T O 27

da quell’operazione annullata non appena non essere altro che un rumore grigio che
compiuta. Dietro quel disegno e quelle pa- completa i contorni di una figura; ma fa
role, prima che una mano scrivesse chcc- del disegno il sottile contenitore che biso-
chessia, prima che si fossero formati il di- gna perforare per seguire, di parola in pa-
segno del quadro e il disegno della pipa rola, lo svuotamento del suo testo intesti-
dentro di esso, prima che lassù fosse com- no.
parsa la grossa pipa fluttuante, credo ne-
cessario supporre che fosse stato formato Il calligramma è dunque una tautologia.
un calligramma, che poi si è decomposto. Ma alRi@xto demoricaxuesta nio-
Lì ne abbiamo la constatazione del falli- ca con la pletora del linguaggio, si serve
mento e i frammenti ironici. della possibilità di dire due volte le stesse
cose con parole differenti; approfitta del
Nella sua tradizione millenaria il calli- sovraccarico di ricchezza che permette di
gramma ha un triplice ruolo: compensare dire due cose differenti con una sola e
l’alfabeto; ripetere senza il soccorso della identica parola: l’essenza della retorica è
retorica; prendere in trappola le cose con nell’allegoria. 11 calligramma, invece, si ser-
una doppia grafia. Innanzitutto esso acco- ve della proprietà delle lettere di valere
sta il più possibile l’uno all’altra il testo e la contemporaneamente come elementi linea-
figura: compone secondo linee che delimi- ri che si possono disporre nello spazio e
tano la forma dell’oggetto con quelle che come segni che devono succedersi secon-
definiscono la successione delle lettere; do la sola concatenazione della sostanza
colloca gli enunciati nello spazio della fi- sonora. In quanto segno, la lettera permet-
gura, e fa dive al testo ciò che il disegno te di fissare le parole; in quanto linea, essa
rappresenta. Da una parte alfabetizza I’i- permette di raffigurare la cosa. Perciò il
dcogr;lmm;l. il popolo di lettere disconti- calligrnmma si propone di cancellare ludi-
nue, c fa cceì parlare il mutismo clcllc linee camcnte Ic pii1 antiche opposizioni clclla
interrotte. Ma dall’altra ripartisic la scrit- nostw civiki alfabetica: mostrare e nomi-
tura in uno spazio che non ha più l’indiffe- nare; raffigurare e dire; riprodurre e arti-
renza, l’apertura e il biancore inerti della colare; imitare e significare; guardare e
carta; le impone di distribuirsi secondo le 1 eRgere.
leggi di una forma simultanea. Riduce il
fonetismo, per lo sguardo di un istante, a Braccando due volte la cosa di cui par-
28 QUESTO NON k UNA PIPA IL CALLIGRAMMA DISFATTO 29

la, esso le tende la trappola più perfetta. Il testo, che aveva invaso la figura per
Con la sua duplice entrata, garantisce la ricostituire l’antico ideogramma, ora ha ri-
cattura di cui il discorso da solo o il puro preso il proprio posto. E ritornato nel suo
disegno non sono capaci. Scongiura l’in- luogo naturale - in basso: là dove serve da
vincibile assenza che le parole non riesco- supporto all’immagine, dove la nomina, la
no a vincere imponendo loro, con le astu- spiega, la scompone, l’inserisce nella se-
zie di una scrittura che gioca nello spazio, quenza dei testi e nelle pagine del libro.
la forma visibile del loro referente: sapien- Ridiventa « leggenda ». La forma, a sua
temente disposti sul foglio di carta, i segni volta, risale al cielo da cui la complicità
richiamano, dall’esterno, con il confine che delle lettere con lo spazio l’aveva fatta di-
disegnano, con lo stagliarsi della loro mas- scendere per un istante: libera da ogni vin-
sa sullo spazio vuoto della pagina, la cosa colo discorsivo, potrà nuovamente fluttua-
stessa di cui parlano. E, di rimando, la for- re nel suo silenzio originario. Si ritorna alla
ma visibile è scavata dalla scrittura, arata pagina e al suo antico principio di distri-
dalle parole che la lavorano dall’interno e buzione. Ma soltanto in apparenza. Perché
che, scongiurando la presenza immobile, le parole che posso leggere adesso sotto il
ambigua, senza nome, fanno scaturire la disegno, sono pa_role anch’esse disegnate -
rete di significati che la battezzano, la de- immagini di parole che il pittore ha messo
terminano, la fissano nell’universo dei di- fuori della pipa, ma dentro il perimetro
scorsi. Doppia trappola; tranello inevitabi- generale (e d’altronde indeterminabile) del
le: da che parte potrebbero fuggire via, or- disegno. Del passato calligrafico che sono
mai, lo stormo degli uccelli, la forma tran- proprio obbligato ad attribuire loro, le pa-
sitoria dei fiori, la pioggia che scroscia? role hanno conservato l’appartenenza al
E adesso, il disegno di Magritte. Inco- disegno, e la condizione di cosa disegnata:
minciamo dal primo, il piii semplice. Mi sicché devo leggerle come sovrapposte a se
wi~br-a che sia ccwituito dai pezzi di un stesse; sono parole che disegnano parole,
cnlligramma dissolto. Sotto IC apparcnzc cssc formano sulla superficie dell’immagi-
del ritorno a una disposizione anteceden- ne i riflessi di una frase che direbbe che
te, esso ne riprende le tre funzioni, ma allo questo non è una pipa. Testo in forma di
scopo di pervertirle e di turbare così tutti i immagine. Ma, inversamente, la pipa rap-
rapporti tradizionali tra il linguaggio e presentata è disegnata dalla stessa mano e
l’immagine. con la stessa matita delle lettere del testo:
30 QUESTO NON 2: UNA PIPA IL CALLIGRAMMA DISFATTO 31

prolunga la scrittura più che illustrarla e sarebbe senza dubbio sufficiente); dal cal-
colmarne l’insufficienza. Sembrerebbe pie- ligramma che fa slittare l’uno sull’altro,
na di piccole lettere confuse, di segni grafi- perché si nascondano reciprocamente, ciò
ci ridotti in frammenti e sparpagliati su che mostra e ciò che dice. Perché il testo si
tutta la superficie dell’immagine. Figura in disegni e tutti i suoi ,segni giustapposti for-
forma di grafia. L’invisibile e preliminare mino una colomba, un fiore o un acquaz-
operazione calligrafica ha intrecciato la zone, bisogna che lo sguardo si tenga di-
scrittura e il disegno; e quando Magritte stante da ogni possibile decifrazione; biso-
ha rimesso le cose a posto, si è preoccupa- gna che le lettere rimangano punti, le frasi
to che la figura conservasse la pazienza linee, i paragrafi superfici 0 masse - ali,
della scrittura e che il testo non fosse mai steli o petali; bisogna che il testo non dica
altro che una rappresentazione disegnata. nulla al soggetto osservante, che è un
voyeur e non un lettore. Non appena egli
Stessa cosa per la tautologia. In appa- si mette a leggere, infatti, la forma si dis-
renza Magritte ritorna dal raddoppiamen- solve; intorno alla parola riconosciuta, alla
to calligrafico alla semplice corrisponden- frase capita, gli altri grafismi volano via
za tra l’immagine e la didascalia: una figu- portando con sé la pienezza visibile della
ra muta e sufficientemente riconoscibile forma, e lasciando soltanto lo svolgimento
mostra, senza dirlo, la cosa nella sua esscn- lineare, in successione, del testo: ancora
za; e, sotto, un nome riceve da questa im- meno di una goccia di pioggia che cade
magine il proprio « senso » 0 istruzione dopo un’altra, ancora meno di una piuma
per l’uso. Ora, paragonato alla tradizionale o di una foglia strappata via. Nonostante
funzione della didascalia, il testo di Ma- l’apparenza, il calligramma non dice, in
gritte è doppiamente paradossale. Si pro- forma di uccello, di fiore o di pioggia:
pone di nominare ciò che, evidentemente, « Questo è una colomba, un fiore, un ac-
non ha bisogno di esserlo (la forma C trop- quazzone che si riversa »; non appena si
po nota, il nome troppo familiare). Ed ec- mette a dirlo, non appena le parole si met-
co che nel momento in cui dovrebbe dare tono a parlare c a liberare un senso, l’uc-
il nome, lo dà negando che sia tale. Da do- cello è già volato via, la pioggia si è già
ve viene questo strano gioco, se non dal asciugata. Per chi lo guarda il calligramka
callipramma? - Dal calligramma che dice IZOII cir’ce, non può ancora dire: questo è un
le stesse cose due volte (laddove una sola fiore, questo è un uccello; è ancora troppo
32 QUESTO NON r‘i UNA PIPA Il. C:AI,LIGRAMMA DISFATTO 33

chiuso nella forma, troppo soggetto alla forma che facilitano la lettura, garantisco-
rappresentazione mediante somiglianza, no il riconoscimento, e si aprono persino
per formulare una simile affermazione. E allo scolaro più balbuziente; non pretendo
quando lo si legge, la frase che si decifra di arrotondarmi e poi di allungarmi per di-
(« questa è una colomba », « questo è un ventare prima il fornello e poi il cannello
acquazzone ») no72 è un uccello, non è piU di una pipa: io non sono nient’altro che le
un acquazzone. Poco importa se per astu- parole che state leggendo ». Nel calligram-
zia o per impotenza, il calligramma non di- ma si contrapponevano un « non dire an-
ce e non rappresenta mai nello stesso mo- c o r a » e un « non rappresentare più ».
mento; quella stessa cosa che si vede e che Nella Pipa di Magritte il luogo da cui na-
si legge è taciuta nella visione, nascosta scono queste negazioni e il punto in cui es-
nella lettura. se si applicano sono del tutto diversi. Il
« non dire ancora » della forma è rovescia-
Magritte ha ridistribuito nello spazio il to, non esattamente in un’affermazione,
testo e l’immagine; ciascuno dei due ri- ma in una doppia posizione: da una parte,
prende il proprio posto; ma non senza in alto, la forma ben liscia, visibile, muta,
conservare qualcosa del caratteristico mo- la cui evidenza lascia altezzosamente, iro-
do di schivare del calligramma. La forma nicamente dire al testo ciò che esso vuole,
disegnata della pipa, tanto riconoscibile, qualunque cosa; dall’altra, in basso, il te-
scaccia ogni testo di spiegazione o di desi- sto, che, disposto secondo la sua legge in-
gnazione; il suo schematismo scolastico di- trinseca, afferma la propria autonomia da
ce molto esplicitamente: « Vedete così be- ciò che nomina. La ridondanza del calli-
. ne che sono una pipa, che per me sarebbe gramma si fondava su un rapporto di
ridicolo disporre le mie linee in modo da esclusione; in Magritte lo scarto tra i due
far loro scrivere: questa è una pipa. Le pa- elementi, l’assenza di lettere nel disegno, la
role, sicuramente, mi disegnerebbero me- negazione espressa nel testo enunciano in
no bene di quanto io non mi rappresenti ». modo affermativo due posizioni.
E il testo, a sua volta, in questo disegno
applicato che rappresenta una scrittura, Ma ho dimenticato, temo, ciò che forse
ordina: « Prendetemi per ciò che sono è l’essenziale della Pipa di Magritte. Ho
esplicitamente: delle lettere accostate le fatto come se il testo dicesse: « Io (questo
une alle altre, nella disposizione e nella insieme di parole che state leggendo) non
34 QUESTO NON k UNA PIPA IL CALLIGRAMMA DISFATTO 35

sono una pipa »; ho fatto come se ci fosse- Ma nello stesso tempo, il medesimo te-
ro due posizioni simultanee e ben separate sto enuncia tutt’altro: « Questo » (questo
l’una dall’altra, all’interno dello stesso spa- enunciato che vedete disporsi sotto i vostri
zio: quella della figura e quella del testo. occhi secondo una linea di elementi di-
Ma ho tralasciato di dire che dall’una al- scontinui, e di cui questo è contempora-
l’altro era tracciato un legame sottile, in- neamente il designante e la prima parola)
stabile, insistente e al tempo stesso incerto. « non è » (non potrebbe equivalere né so-
Esso è sottolineato dalla parola « questo ». stituirsi a..., non potrebbe rappresentare
Bisogna quindi riconoscere tutta una serie adeguatamente...) « una pipa » (uno di
di intersezioni tra la figura e il testo: o me- quegli oggetti di cui potete vedere,t là so-
glio, degli attacchi sferrati dall’uno contro pra il testo, una figura possibile, intercam-
l’altra, delle frecce scagliate contro il ber- biabile, anonima, dunque inaccessibile a
saglio nemico, dei tentativi di scalzare e di qualunque nome). Allora bisogna leggere:
distruggere, dei colpi di lancia e delle feri-
te, una battaglia. Ad esempio: « Questo »
(questo disegno che vedete, di cui certa-
mente riconoscete la forma e di cui ho ap- / q u e s t o . . . / -c n o n è t
1 I
pena dipanato l’ascendenza calligrafica)
« non è » (non è sostanzialmente legato Ora, tutto sommato, si vede .facilmente
a . . . . non è costituito da . . . . non ricopre la che ciò che l’enunciato di Magritte nega è
stessa materia di...) « una pipa » (cioè que- l’immediata e reciproca appartenenza del
sta parola appartenente al vostro linguag- disegno della pipa e del testo con cui si
gio, fatta di sonorità che potete pronuncia- può nominare la stessa pipa. Designare e
re e che sono tradotte dalle lettere che ora disegnare non si sovrappongono, salvo che
state leggendo). questo HOTI è rwn pipa nei gioco calligrafico che si aggira sullo
può dunque essere letto così: sfondo dell’insieme, e che è scongiurato
contemporaneamente dal testo, dal dise-
r 1 gno, e dalla loro attuale separazione. Da
Y non è - /una pipa/
qui la terza funzione dell’enunciato:
« Questo » (questo insieme costituito da
I 1 una pipa in stile scritturale e da un testo
36 QUESTO NON & UNA PIPA IL CALLICRAMMA DISFATTO 37

disegnato) « non è » (è incompatibile no interferire reciprocamente, dove le pa-


con...) « una pipa » (questo elemento mi- role siano suscettibili di accogliere una fi-
sto che deriva dal discorso e al tempo stes- gura e le immagini di entrare nell’ordine
so dall’immagine, di cui il gioco verbale e lessicale. Nella striscetta sottile, incolore e
visivo del calligramma voleva fare scaturire neutra, che nel disegno di Magritte separa

-.--.~ ._._ ~_
l’essenza ambigua). il testo e la figura, bisogna vedere un vuo-
to, una regione incerta e nebbiosa che
adesso separa la pipa fluttuante nel suo

l--I”Questo 1 non è
/questo non è una pipa/ \
L- . ..--.. -- ---.. - ----. --~..~~--- -.-.---J
1
WC pipa

i
cielo di immagine dallo scalpiccio terrestre
delle parole che sfilano una dietro l’altra
lungo la loro riga. Ed è ancora poco dire
che c’è un vuoto o una lacuna: si tratta
Magritte ha riaperto la trappola che il piuttosto di un’assenza di spazio, di una
calligramma aveva chiuso su cio di cui par- cancellazione del « luogo comune » tra i
lava. Ma, di colpo, la cosa stessa è volata segni della scrittura e le linee dell’immagi-
via. Sulla pagina di un libro illustrato non ne. La « pipa » che era indivisa tra l’enun-
si ha l’abitudine di prestare attenzione a ciato che la nominava e il dise no che do-
quel piccolo spazio bianco che scorre so- veva raffigurarla, quella pipa cf‘ombra che
pra le parole e sotto i disegni, che serve lo- intrecciava i lineamenti della forma e la fi-
ro da frontiera comune per incessanti pas- bra delle parole, è definitivamente scom-
saggi: perché è li, su quei pochi millimetri parsa. Una scomparsa che, dall’altra spon-
di biancore, sulla sabbia tranquilla della da di questo ruscello poco profondo, il te-
sto constata con divertimento: questo non
pagina, che si annodano tra le parole e le
è una pipa. Il disegno della pipa, ora soli-
forme tutti i rapporti di designazione, di tario, ha un bel farsi il più somigliante pos-
nominazione, di descrizione, di classifica- sibile alla forma comunemente designata
zione. Il calligramma ha assorbito quell’in- dalla parola pipa; il testo ha un bello svol-
terstizio; ma, una volta riaperto, non lo re- gersi sotto il disegno con tutta la fedeltà
stituisce; la trappola è stata rotta sul vuo- premurosa di una didascalia da libro eru-
to: l’immagine e il testo cadono ciascuno dito: tra essi non può ormai che passare la
dalla propria parte, secondo la gravitazio- dichiarazione di divorzio, l’enunciato che
ne che è loro tipica. Essi non hanno più contesta il nome del disegno e al tempo
uno spazio comune, un luogo dove possa- stesso il referente del testo.
38 QUESTO NON È UNA PIPA IL CALLIGRAMMA DISFATTO 39

Non c’è pipa da nessuna parte. impone un sistema di rimandi, tenta di sta-
bilizzare uno spazio unico. Ma perché ho
Partendo da qui si può comprendere introdotto anche la voce del maestro? Per-
l’ultima versione che Magritte ha offerto di ché non appena essa ha detto « Questo è
Questo non è una pipa. Collocando il dise- una pipa », ha dovuto correggersi e bal-
gno della pipa e l’enunciato che gli serve bettare: « Questo non è una pipa, ma il di-
da didascalia sulla superficie molto chiara- segno di una pipa », « Questo non è una
mente delimitata di un quadro (dal mo- pipa, ma una frase che dice che è una pi-
mento che si tratta di un dipinto, le lettere pa », « La frase: “Questo non è una pipa”
non sono che l’immagine delle lettere; dal non è una pipa »; « Nella frase: “Questo
momento che si tratta di una lavagna, la fi- non è una pipa”, questo non è una pipa: il
gura non è che la continuazione didattica quadro, la frase scritta, il disegno di una
di un discorso); collocando questo quadro pipa, tutto questo non è una pipa ».
su un triedro di legno spesso e solido, Ma-
gritte fa tutto ciò che occorre per ricosti- Le negazioni si moltiplicano, la voce si
tuire (sia con la perennità di un’opera d’ar- imbroglia e soffoca; il maestro, confuso,
te, sia con la verità di una lezione di cose) abbassa l’indice teso, volta le spalle alla la-
il luogo comune all’immagine e al linguag- vagna, osserva gli alunni che si torcono
gio. dalle risate e non si rende conto che essi
ridono così forte perché sopra la lavagna e
Tutto è solidamente ormeggiato all’in- sopra il maestro che farfuglia le sue smen-
terno di uno spazio scolastico: una lavagna tite si è appena alzato un vapore che ha
« mostra » un disegno che « mostra » la preso forma a poco a poco, e che ora dise-
forma di una pipa; e un testo scritto da un gna con molta precisione una pipa. « E
maestro zelante « mostra » che si tratta una pipa, è una pipa » gridano gli alunni
davvero di una pipa. L’indice del maestro battendo i piedi, mentre il maestro, a voce
non si vede, ma regna dovunque, come la sempre più bassa, ma sempre con la stessa
sua voce, che sta articolando molto chiara- ostinazione, mormora senza che ormai
mente: « Questo è una pipa ». Dalla lava- nessuno lo ascolti: « Eppure questo non è
gna all’immagine, dall’immagine al testo, una pipa ». Non ha torto: perché la pipa
dal testo alla voce, una sorta di dito indice che fluttua così visibilmente sopra la sce-
generale è puntato, mostra, fissa, segnala, na, al pari della cosa cui si riferisce il dise-

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40 QUESTO NON È UNA PIPA

gno della lavagna, e in nome di cui il testo 111


puo dire a ragione che il disegno non è ve-
ramente una pipa, anche quella pipa non è KLEE, KANDINSKIJ, MAGRITTE
che un disegno; non è affatto una pipa. Né
sulla lavagna né al di sopra di essa, il dise-
gno della pipa e il testo che dovrebbe no-
minarla trovano dove incontrarsi e appli-
carsi uno sull’altro come il calligrafo, con
molta presunzione, aveva tentato di fare.

Allora, sui suoi piedi smussati e così vi-


sibilmente instabili, il cavalletto ormai non
puo che precipitare, la cornice sfasciarsi, il
quadro cadere in terra, le lettere sparpa-
gliarsi, la « pipa » non può ormai che
« rompersi »: il luogo comune - opera ba-
nale o lezione quotidiana - è scomparso.

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