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la Repubblica

DOMENICA 13 GENNAIO 2013

R CULT

I 56

ILMUSEO DEL MONDO


MELANIA MAZZUCCO
FOTO DI BASSO CANNARSA

LARTISTA

Guido di Piero, detto il Beato Angelico (1395 ca-1455) entra nel convento di San Domenico a Fiesole con il nome di Fra Giovanni. Diventa tra i maggiori pittori fiorentini del primo Rinascimento. Affresca il convento di San Marco a Firenze. Dal 1446 a Roma per lavorare alla Cappella Niccolina per papa Niccol V; dipinge poi nella cattedrale di Orvieto. Muore a Roma. Viene proclamato Beato da papa Wojtyla

a cella numero 3, nel corridoio est del convento domenicano di San Marco, a Firenze, un monolocale con una porta e una finestra. Eppure l dentro, sulla parete, c lopera pi radicale di uno dei pittori pi facili e insieme complessi della storia dellarte, che in quarantanni di attivit fu assai prolifico bench, come ci racconta Vasari, essendo uomo di santa vita non lavor mai per denaro: frate Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro detto Guidolino insomma, il Beato Angelico. In San Marco il Beato Angelico dipinse una cinquantina di opere, anche servendosi di collaboratori, assistenti e seguaci. Le pi personali non le trovate per nei corridoi, nei refettori o nelle stanze dei laici, ma nelle celle dei frati. Anche Angelico era frate domenicano. Dipingeva, in sostanza, per se stesso. Per questo quegli affreschi rappresentano un caso rarissimo nella storia dellarte paragonabile a quello di Tintoretto alla Scuola di San Rocco: creati in libert, con poveri strumenti materiali (pigmenti di origine vegetale, leganti organici, pennelli fatti con peli di animali), rivelano quanto profondo, altissimo e sottile possa essere il pensiero di un artista. La cella numero 3 oggi bianca e vuota. Forse anche intorno al 1443, quando ci entr il primo frate. Ci sar stato un letto, un inginocchiatoio, un braciere, qualche utensile per la vita quotidiana. Il soggetto dellaffresco lAnnunciazione. Beato Angelico ha dipinto almeno 15 Annunciazioni: e una addirittura a pochi metri, nel corridoio del convento. Eppure questa le supera tutte. nuda, essenziale, spoglia. Ricordate la laconicit enigmatica dei 13 versetti del Vangelo di San Luca? Ebbene, Angelico qui realizza lassoluto equivalente della scrittura. La pittura diventa astratta quanto la parola. Si tratta di una trascrizione, non di una descrizione. Angelico non illustra il racconto del Vangelo a un ignorante che non sa leggere; qui la pittura non la Bibbia dei poveri. I frati domenicani gi conoscono le sacre scritture. Angelico pu eliminare tutti i dettagli narrativi e naturalistici. Due colonne segure. Il focus dellaffresco infatti proprio quella parete bianca, abbacinante, fra langelo e Maria. uno spazio vuoto, come una pagina, che attira locchio e dunque il pensiero: spazio di contemplazione, rivelazione. Ma Maria non deve avere il manto blu, come il cielo stellato? Forse Angelico non ha avuto il tempo di finire il dipinto: fu chiamato dal papa, part per Roma. Lasci labito di Maria allo stato di preparazione. Eppure in unopera rarefatta come questa ogni scelta indizio di un significato. Maria e langelo si somigliano e sono speculari anche nei gesti nellistante in cui il messaggero si inchina a una mortale, e la donna riceve lo Spirito Santo dentro di s. Ma non sono identici. Langelo rivela la presenza di Dio, che luce e irradia tutto intorno, batte sulla parete di fondo e illumina ogni cosa. Langelo non ha corpo. Anche Maria ha perso consistenza. Guardate la sua strana posizione, il panneggio quasi concavo del vestito l dove dovrebbe esserci losso del ginocchio. Scelta da Dio, dopo avergli detto di s, sar mediatrice e salvatrice dellumanit. Per resta una donna, ed nel suo corpo reale che tutto si compie. Cos la luce la investe, ma non la attraversa. Guardate la parete alle sue spalle. C unombra. Maria fa ombra. AllAngelico ormai basta una pennellata per dire che cosa distingue gli angeli dagli esseri mortali. Lui, invece, ormai veniva considerato un angelo. Gi pochi anni dopo la morte lo chiamavano pittore angelico (proprio nel senso che, come gli angeli, vedeva Dio), e beato. Dal 1982, per volont di Giovanni Paolo II, frate Giovanni beato davvero.
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Lo spazio bianco di Beato Angelico nella sua Annunciazione astratta


LA GALLERIA KLEE

LOPERA

Beato Angelico: Annunciazione (1438-40), affresco, Firenze, convento di San Marco, cella 3

Ad Parnassum (6 gennaio)

minascoste dalle ali dellangelo e gli archi della volta sono tutto ci che resta dellarchitettura. Lo spazio indeterminato e ossessivo, come in un sogno. N un esterno n un interno: una cavit intima, che evoca la cella reale, e il reale chiostro del convento. Sulla sinistra, un rettangolo verde allude al giardino della casa di Maria, a Nazareth, o al giardino dellEden da cui fu espulso Adamo (poich lAnnunciazione avvia la redenzione dellumanit dal peccato di Adamo). Anche il tempo astratto. Levento infatti non accade al momento del racconto di san Luca: il suo ricordo. Ci

dimostra la presenza anacronistica di un testimone vissuto secoli dopo, il martire Pietro da Verona dalla testa sanguinante. Indossa il saio bianco e nero dellordine domenicano, lo stesso del pittore e del frate della cella n. 3 cui lopera destinata. La scena come una visione: limmagine mentale dellAnnunciazione. Cio Pietro (il frate, il pittore) sta meditando sul mistero centrale del cristianesimo: lIncarnazione di Dio nel ventre di una donna. La Vergine e langelo appaiono, come emergendo dal bianco dellintonaco. Sottili, diafani, inverosimili. Non parlano. Il pit-

tore presuppone il dialogo del Vangelo lo allude. Leconomia dei segni totale, i colori sono pochissimi. Rosso il sangue sul cranio del martire e lo spirito santo che arde in forma di fiammella; verde il prato immaginario e le piume delle ali dellangelo; legno lumile panchetto di Maria; oro le aureole e i capelli; rosa labito di Gabriele e di Maria. Ma il bianco che domina. Bianco il libro, bianco il pavimento, bianco il soffitto, bianco il muro sullo sfondo. Ha lo stesso colore dellintonaco della cella che circonda il dipinto, e del dipinto stesso prima che il pittore vi disegnasse e colorisse le fi-

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